PCM Diaries | Hans Josephsohn – Galleria dell’Ariete
IL SERVIZIO
di Marco Marelli [FormeUniche, 4 aprile 2019 link]
ICA Milano attraverso le parole del suo Presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi
In occasione dell’inaugurazione della mostra monografica di Hans Josephsohn (curata da Alberto Salvadori) e del progetto La galleria dell’ariete. Una storia documentaria (a cura di Caterina Toschi) – visitabili fino al 2 giungo -, Lorenzo Sassoli de Bianchi ci ha condotti alla scoperta di ICA Milano.
ICA Milano è una fondazione al 100% privata che prevede una funzione totalmente pubblica. Con quali aspettative questo vostro progetto si inserisce in un capoluogo lombardo che si è recentemente confermato eccellenza mondiale per l’arte contemporanea?
Noi abbiamo ambizioni minori rispetto a quelle di Hangar Bicocca o di Fondazione Prada. Abbiamo una volontà di fondo che è quella di creare uno strumento per far riflettere e pensare le persone. Come può vedere dalle caratteristiche fisiche del nostro spazio, per noi la sede è poco importante, quello che conta è il contenuto. Abbiamo voluto sottolineare ciò con la povertà dello spazio e concentrando i nostri sforzi sui contenuti che svilupperemo, avendo come esempio l’esperienza fondante di ICA a Londra.
È per noi importante studiare come le arti contemporanee possano influenzare il pensiero e portare a una riflessione sul nostro tempo. La nostra mostra manifesto, Apologia della Storia, rifletteva su questi temi. Attraverso l’esperienza e la ricerca di alcuni artisti contemporanei, traendo ispirazione dal celebre libro dello storico Marc Bloch, l’esposizione evidenziava come la storia influenzi il presente e come il presente stesso influenzi la lettura della storia. Ogni epoca ha una lettura differente dei fatti precedenti, che varia nel tempo. Questa combinazione di esperienze fa sì che noi riusciamo a capire meglio lo spirito del tempo in cui viviamo.
Il nostro obiettivo è creare un centro culturale, non una realtà semplicemente espositiva, aperto a tutti, assolutamente pubblico, al 100% pubblico ma al 100% privato. Perché questa strana combinazione: perché l’essere “privati” ci consente di avere un certo grado di flessibilità che nel pubblico è difficile avere. I tempi della cultura sono, purtroppo, diversi dai tempi della politica. Noi, in questo modo, possiamo far coincidere i tempi della gestione con i tempi della cultura. Io provengo da un’esperienza lunghissima, di oltre vent’anni, nei musei pubblici. Ho trovato delle difficoltà a rapportarmi con le amministrazioni; per questo motivo, con Alberto Salvadori, che lavorava con me al MAMbo a Bologna, abbiamo pensato di fare una cosa più snella e più diretta, solamente privata, che non disdegnasse l’appoggio di chiunque, anche delle istituzioni pubbliche.
ICA si inserisce in un interstizio a Milano, tra le grandi e importanti istituzioni come Fondazione Trussardi, attraverso uno spazio snello, meno caratterizzato per quello che riguarda l’attività espositiva, più flessibile. Faremo cinema, ci occuperemo di ceramica, di ricerca scientifica, coinvolgeremo delle persone con demenza presenile di tipo Alzheimer, faremo una scuola di filosofia; utilizzeremo tutte le forme espressive, come indica il termine plurale “Arti” presente nel nostro nome.
La nostra linea editoriale si concentra su artisti nati negli anni Ottanta e Novanta. ICA svilupperà progetti con operatori estetici di queste generazioni? Come intendete promuovere le più recenti ricerche in ambito internazionale?
Lo abbiamo già fatto con la mostra iniziale. Gli artisti presenti nella nostra prima esposizione erano tutti assolutamente contemporanei, nati tra la fine degli anni Settanta e gli anni Novanta. Lo faremo ancora in futuro, realizzeremo qualcosa di specifico sull’arte italiana, vogliamo cercare di comprendere quali sono i temi effettivi della ricerca, i più autentici sul nostro territorio. Non abbiamo ancora definito il programma ma sarà sicuramente qualcosa che accadrà nel 2020. Ci sarà costantemente questa oscillazione tra tematiche che guardano la storia, come l’attuale presentazione dell’esperienza della Galleria dell’Ariete, e ricerca artistica strettamente contemporanea.
Come da lei evidenziato in una recente intervista concessa a Il Sole 24 ORE, uno dei punti più importanti del progetto ICA può essere identificato nel suo non costituirsi come un contenitore espositivo ma come un luogo di produzione, rivolto particolarmente ai giovani. Produrrete opere di giovani artisti?
Questa è una cosa su cui stiamo riflettendo. Non la escludiamo, precisando che non si tratta di un centro che vuole produrre o commercializzare arte. Lo spirito pro bono è fondante. Realizzare opere che verranno qui esposte e che poi avranno il loro cammino commerciale al di fuori di quella che è la nostra gestione è una cosa a cui siamo aperti.
Lei è stato fra i primi critici d’arte a proporre in Occidente un’attenta analisi sull’arte contemporanea cinese. ICA svilupperà questa tematica?
No, al momento non è previsto lo sviluppo di questa tematica. In ICA ciascuno di noi porta la propria storia, per cui è inevitabile che, prima o poi, qualcosa del nostro percorso personale emerga. Detto ciò, ICA non è uno luogo che deve rappresentare l’esperienza di ciascuno di noi, vuole essere uno spazio mentalmente aperto. La nostra storia deve solo essere uno strumento a servizio del progetto.
Scorrendo la sua storia personale, possiamo notare come sia per lei importante il tema della ricerca in campo alimentare. Dal 2015, partendo dalla grande EXPO milanese, quello dell’alimentazione è diventato un filo rosso che ritorna in diversi ambiti. Questa tematica verrà sviluppata da ICA?
Perché no, il nostro è un progetto di sostenibilità culturale in senso generale, la sostenibilità articolata in tutti i campi. Nessuno di noi è milanese ma abbiamo scelto Milano per la vitalità, per l’opportunità di far crescere la zona Ripamonti, quartiere che secondo noi ha un grande futuro. Milano perché è una città che risponde, una delle capitali europee più dinamiche e in crescita economica; qui c’è fermento.
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IL DIARIO
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LA MOSTRA
Hans Josephsohn – Galleria dell’Ariete
a cura di Alberto Salvadori
Da domenica 24 marzo a a domenica 2 giugno 2019
ICA Milano – Istituto Contemporaneo per le Arti presenta la sua seconda stagione espositiva: da domenica 24 marzo a domenica 2 giugno 2019 apre le porte al pubblico la prima monografica mai dedicata in Italia allo scultore tedesco naturalizzato svizzero Hans Josephsohn (Königsberg, 1920 – Zurigo, 2012). L’esposizione, realizzata in collaborazione con il Kesselhaus Josephsohn di San Gallo (CH), è curata da Alberto Salvadori, direttore di ICA Milano.
Si tratta della prima personale di Josephsohn nel nostro Paese, benché la vita e la poetica dello scultore siano strettamente legate all’Italia, la sua opera è stata presentata in passato solo in occasione della 55. Mostra Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia del 2013.
In concomitanza con la monografica dedicata a Hans Josephsohn, ICA Milano inaugura all’interno della project room la prima edizione di Gallery Focus, esplorazione attraverso documenti d’archivio della storia delle gallerie italiane dagli anni Cinquanta a oggi.
A dare il via a questa serie di esposizioni è il racconto di un’esperienza milanese, quella della Galleria dell’Ariete di Beatrice Monti della Corte; l’esposizione è curata da Caterina Toschi, ricercatore e docente di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università per Stranieri di Siena.