La mostra personale di Lorna Simpson offre, per la prima volta in Europa, un’ampia rassegna dedicata a oltre un decennio della sua pratica pittorica. Realizzata in partnership con il Metropolitan Museum of Art di New York, dove nella primavera del 2025 è stata presentata una versione dal titolo “Source Notes” a cura di Loren Rosati, la mostra a Venezia rinnova il percorso espositivo riunendo circa cinquanta opere – dipinti, collage, sculture, installazioni e un film – provenienti da collezioni private, istituzioni internazionali e dallo studio dell’artista e opere inedite create specificatamente per la mostra a Punta della Dogana.
L’esposizione è concepita da Emma Lavigne, direttrice generale della Pinault Collection e curatrice generale, in stretto dialogo con l’artista. Il percorso veneziano propone una selezione pensata specificamente per gli spazi di Punta della Dogana, attraverso la quale l’artista costruisce la trama dei fili narrativi che danno forma agli universi di finzione e ai racconti suggeriti dalla sua opera. Rivelatasi già a metà degli anni Ottanta per il suo approccio innovativo alla fotografia concettuale, Lorna Simpson (nata nel 1960, Stati Uniti) non ha mai smesso di esplorare in modo critico i meccanismi di costruzione delle immagini. Dalla metà degli anni 2010, la pittura si è imposta come un campo di esplorazione particolarmente fecondo del suo lavoro, attraverso il quale prolunga e approfondisce le grandi questioni che attraversano la sua opera: l’erosione e la ricomparsa della memoria, le falle della rappresentazione, l’instabilità dei racconti.
L’esposizione riunisce nuclei significativi di opere appartenenti alle serie più emblematiche di questo periodo, tra cui Ice, Special Characters ed Earth and Sky. Essa abbraccia oltre vent’anni di attività, includendo alcune delle tele realizzate per la partecipazione dell’artista alla Biennale di Venezia del 2015, sotto la curatela di Okwui Enwezor, fino alla presentazione di diverse opere inedite create appositamente per la mostra. Resistenti a ogni lettura univoca, le sue opere ci conducono in zone incerte poste ai margini del visibile. L’esposizione si articola
attorno a tre nuclei che scandiscono il percorso. Si apre con un primo gruppo di composizioni attraversate da figure enigmatiche, echi storici e tensioni politiche che evocano i sollevamenti e la loro repressione. Queste opere diventano il teatro di ambienti inospitali e instabili, attraversati da forze diffuse. Prosegue con una serie di panorami artici, ricreati sulla base di archivi di spedizioni, che si sviluppano in gamme di blu notturni e grigi ghiacciati, conferendo a questi paesaggi cupi una dimensione sospesa e irreale. Sulla soglia della laguna veneziana, queste opere sembrano fluttuare tra due stati, porosi agli elementi e abitati da presenze spettrali pronte a dissolversi. Infine, una galleria di ritratti e di enigmatiche e maestose figure femminili, presentate in particolare nel Cube di Tadao Ando, confronta lo sguardo con la complessità delle identità e l’ambiguità della loro rappresentazione.
Da circa quindici anni, il collage occupa un posto centrale nel processo creativo di Simpson, e la mostra ne dà testimonianza con un’installazione che riunisce quaranta collage. Attingendo da un vasto archivio visivo, l’artista fa di questa pratica un terreno di sperimentazione in cui giustapposizioni, slittamenti di senso e associazioni libere trasformano queste immagini in “source notes” destinate a ispirare, in seguito, molte delle sue composizioni. L’esposizione mette in luce tutta la ricchezza di un linguaggio concettuale e
plastico multiforme, che attribuisce un grande spazio all’intuizione. L’artista vi esplora la memoria collettiva, il peso degli stereotipi e i meccanismi di cancellazione, proponendo altrettanti prismi critici con cui rileggere oltre mezzo secolo di storia. L’evocazione degli stati della materia e dei fenomeni naturali – acqua, fuoco, ghiaccio, polvere, meteoriti, nuvole – compone un universo instabile, favorevole alle metamorfosi e alle temporalità sospese.